Siete appassionati di astronomia ed archeologia, ma da due anni la pandemia vi costringe a rimandare le vacanze in Scozia per visitare lo Stonehenge? Oppure in Perù per osservare il Marcahuasi? Don’t worry, perché Sciaru di Sicilia, oggi, vi farà conoscere una valida alternativa che non ha nulla da inviare alle suddette mete, ovvero: l’Altipiano dell’Argimusco, un luogo incredibili che rivela la parte più selvaggia, impervia, nascosta, ruvida e tortuosa della Sicilia.
Scopriamolo insieme!
Avete mai sentito parlare di archeoastronomia? No? Si tratta della “scienza che studia le pietre e le stelle”. Sparsi per l’Italia, esistono diversi luoghi legati a questa disciplina, ma quello che da quasi vent’anni desta maggior curiosità, per il fascino ed il mistero da cui è avvolto, si trova in Sicilia ed è l’Altopiano dell’Argimusco, che è parte della riserva naturale orientata Bosco di Malabotta e che, a livello paesaggistico, è strettamente legato alla Rocca Salvatesta, il cd Cervino della Sicilia che domina il borgo di Novara di Sicilia.
Parliamo di un luogo quasi surreale, poco conosciuto e per questo molto intrigante, situato al confine tra i monti Nebrodi e Peloritani, ed amministrativamente diviso fra i comuni di Montalbano Elicona, Tripi e Roccella Valdemone, tutti appartenenti alla provincia di Messina; un’area, quindi, compresa tra i 1.165 ed i 1.230 metri s.l.m. che costituisce uno dei più interessanti siti rupestri dell’Italia meridionale.
Osservando le rocce di arenaria quarzosa che rendono unico il sito, si fa fatica a distinguere il confine tra opere della natura ed opere dell’uomo e viene spontaneo domandarsi se e come l’uomo sia riuscito a creare un contesto così particolare da essere di difficile interpretazione anche per gli attuali studiosi, gli stessi che, spesso, hanno paragonato il luogo allo Stonehenge in Scozia o al Marcahuasi in Perù. Sì, perché l’Altopiano dell’Argimusco si caratterizza per la presenza di blocchi di pietra di straordinaria bellezza, probabilmente modellati, nel corso dei millenni, dagli agenti atmosferici (anche perché, non esistono evidenze empiriche di presenze umane nell’area), e che assumo forme, talvolta, antropomorfe, come quella del Sacerdote o dell’Orante, una figura femminile in posizione di preghiera, e, altre volte, zoomorfe, come quelle dell’Aquila e del Leone.
Probabilmente, l’uomo primitivo, scelse questo sito per studiare e praticare l’astronomia, basandosi sull’allineamento delle rocce e combinandolo con la vista su tutti e quattro gli orizzonti, arrivando così a scoprire il ciclo delle stagioni, dal quale elaborò un calendario per finalità religiose ed agricole. Più precisamente, fino ad oggi, nessuno scavo archeologico è stato effettuato sull’Altopiano, tuttavia, dai reperti rinvenuti nelle aree circostanti, si ritiene che il sito sia stato antropizzato dall’Età del Bronzo, periodo, durante il quale, probabilmente, l’Argimusco è stato impiegato come una sorta di santuario naturale, nel quale venivano svolti riti e culti sacri riguardanti le divinità della Terra e del Cielo.
Attraverso un suggestivo percorso, che si snoda attorno alle rocce dell’Altopiano, molto adatto, peraltro, alle attività di trekking, potrete raggiungere tutti i principali punti di interesse della zona; più esattamente, lungo il sentiero principale, perfettamente tracciato e pianeggiante, percorribile, da chiunque, in circa 30-40 minuti e che inizia dal cancello dinanzi al parcheggio del sito archeologico, potrete osservare le rocce più rilevanti, che sono:
Ogni anno, a partire dal 2012, al fine di valorizzare il sito e promuoverlo, viene organizzato il Festival di Archeoastronomia intitolato “Pietre & Stelle”, con l’intento di coniugare la rilevanza paesaggistica e archeologica del luogo con il cielo, e che, nel 2014, ha avuto, tra gli ospiti anche il maestro Franco Battiato.
Qualora l’Altopiano dell’Argimusco avesse suscitato in voi una curiosità tale da voler approfondire l’argomento, sappiate che, nel corso del XX secolo, numerosi studiosi hanno elaborato ricerche e teorie sul sito e, pertanto, vi consigliamo di consultare:
Negli anni a venire, nonostante i suddetti studi, l’Altopiano non fu oggetto di ulteriori approfondimenti, sebbene, iniziasse ad essere, contemporaneamente, scoperto da un crescente numero di appassionati della natura, escursionisti e viaggiatori, tra cui l’archeo-astronomo Andrea Orlando che nel 2004, anche grazie alle ricerche dei professori Pantano e Todaro, scoprì l’Argimusco. Da quel momento, il ricercatore etneo iniziò uno studio scientifico sul misterioso Altopiano e dopo anni di sopralluoghi ed osservazioni, nel settembre 2014, presentò il primo studio sull’Argimusco e le aree circostanti in occasione del XXII convegno della SEAC (European Society for Astronomy in Culture) tenutosi a Malta. Inoltre, il medesimo lavoro è stato presentato anche al XV convegno della SIA (Società Italiana di Archeoastronomia), tenutosi presso l’Università di Catania nel 2015, mentre nel 2017 è uscita la prima pubblicazione di carattere scientifico sull’Altipiano dell’Argimusco intitolata “Argimusco: Cartography, Archaeology and Astronomy”, poi inserita nel volume “The Light, The Stones and The Sacred”, curato dallo stesso Andrea Orlando.
Infine, ulteriori studi sui possibili allineamenti pietre-stelle sono stati eseguiti da Paul Devins, il quale ritiene che le rocce modellate dall’uomo possano essere collocate in epoca tardo-medievale o addirittura successiva. Mentre, nel 2015, anche la SB Research Group dell’Università di Trieste ha condotto dei rilevamenti, in questo caso acustici, finalizzati a cogliere eventuali risonanze tra le rocce dell’Altipiano.
A questo punto, non vi resta che recarvi in questo luogo mistico e suggestivo, lontano dal caos che caratterizza il mondo moderno, dando spazio alla quiete ed alla serenità della natura primordiale dell’Altopiano, dominato da rocce millenarie avvolte nel silenzio, nel quale, in passato, venivano svolti riti sacri ed in cui la terra si fonde con il cielo creando il paesaggio sacro per eccellenza. Raggiungere, il sito richiede una buona preparazione fisica, ma una volta arrivati, la fatica sarà, senz’altro, ripagata dalla bellezza unica del posto.